Siamo tornati da un viaggio esplorativo in Arabia Saudita e a Dubai, dove abbiamo incontrato i rappresentanti di una quindicina di aziende attive in diversi settori.
Almarai (il Danone saudita), i distributori AlHokair e Jarir Marketing, gestore di centri commerciali Arabian Centres, recentemente quotato in Borsa, i due principali gestori di telecomunicazioni Saudi Telecom e Mobily (Etisalat Group), la controllata saudita della compagnia assicurativa BUPA, il gruppo petrolchimico SABIC (ormai controllata di Aramco), i gruppi ospedalieri NMC (leader locale presente principalmente ad Abu Dhabi e a Dubai), Cleopatra Hospitals Group (leader al Cairo) e Dallah Healthcare (uno dei principali operatori privati a Riad). A Dubai abbiamo incontrato i top management delle seguenti società: DP World (porto di Dubai), Aramex (leader nei servizi espressi di consegna all’interno degli Emirati Arabi Uniti), il gruppo turco Sabanci (principalmente servizi finanziari ed elettricità), il secondo istituto di credito degli Emirati, Emirates NBD, e infine KIPCO (grande gruppo del Kuwait) appartenente alla famiglia regnante del Kuwait.
A Riad, lo snellimento della burocrazia è tangibile in tutti i settori dell’economia ed offre interessanti opportunità di investimento. È ormai semplice e rapido ottenere un visto di ingresso (applicazione online), il che agevolerà lo sviluppo del turismo (non soltanto religioso). Abbiamo avuto l’occasione di visitare alcuni negozi: un supermercato Al Othaim, un centro Jarir (paragonabile alla FNAC) e il Nakheel Mall (fiore all’occhiello di Arabian Centres a Riad). Molte donne non indossano più il velo. Inoltre le restrizioni imposte a donne e uomini non sposati all’interno dei ristoranti sono gradualmente in fase di eliminazione. Indubbiamente, la politica condotta dal principe ereditario Mohammad Bin Salman Al Saud (MBS, nato nel 1985) è sinonimo di cambiamento radicale. Dal punto di vista del mercato azionario, ora gli stranieri possono investire direttamente sul Tadawul, e l’anno scorso i titoli locali sono stati inseriti nell’indice MSCI Emerging Markets dove attualmente pesano per il 2,6%, ovvero un peso equivalente a quello della Tailandia oppure a quattro volte quello della Turchia. L’area del Medio Oriente, Nord Africa e Turchia rappresenta ad oggi il 4,7% dell’indice globale emergente, che il prossimo maggio dovrebbe aumentare a circa il 5,5% con l’inclusione del Kuwait. Altro evento di rilievo lo scorso dicembre: la quotazione di ARAMCO, prima capitalizzazione al mondo con 1.800 Mld di $. Certamente il capitale flottante è molto ridotto in percentuale (1,5%), ma resta significativo in termini assoluti (27 Mld di $). A Dubai la situazione è più contrastante, con i prezzi degli immobili in calo dal 2017 e l’economia penalizzata dall’incertezza politica dell’area. A lungo termine, questa città-stato potrebbe risentire dell’apertura e della concorrenza saudita. L’Emirato resta tuttavia eccezionale per la magnificenza dello sviluppo immobiliare. Il prossimo novembre aprirà l’Esposizione Universale Dubai Expo 2020. Abbiamo visitato il sito e siamo rimasti impressionati. L’esposizione durerà sei mesi (da novembre 2020 ad aprile 2021) e dovrebbe accogliere 25 milioni di visitatori. L’80% dell’infrastruttura è destinato a essere permanente (immobili residenziali, uffici, polo fieristico), che si aggiungerà a uno stock immobiliare attualmente in eccedenza.
FOCUS SUL PAESE
Il Regno dell’Arabia Saudita (KSA) Paese appartenente al G20, l’Arabia Saudita genera un PIL pari a circa 700 Mld di $, di cui il 43% è direttamente legato al petrolio. Il paese fa parte del GCC (Consiglio per la Cooperazione del Golfo), che riunisce le sei monarchie arabe del Golfo Persico. Il GCC genera un PIL di circa 1.600 Mld di $, e dovrebbe registrare una crescita reale del 2,5% annuo nei prossimi cinque anni. La popolazione saudita, pari a circa 35 milioni di abitanti (inclusi i 13 milioni di stranieri che lavoran
o in tutti i settori di attività), è abbastanza giovane: il 45% ha meno di 25 anni e l’età media è di 31 anni. Le due città principali sono densamente popolate: Riad con 6 milioni di abitanti e Gedda con 3,5 milioni. Ad aprile 2016, al fine di ridurre la dipendenza del paese dal petrolio, il principe Mohammad bin Salman ha annunciato unaserie di misure nel quadro di un ampio programma denominato Vision 2030, il cui obiettivo è riformare radicalmente e modernizzare il paese. Il piano prevede nuove imposte, tra cui l’IVA al 5%, l’aumento del prezzo della benzina e la costituzione di un fondo sovrano come quello norvegese. Per controbilanciare queste misure restrittive, il governo ha pianificato di aumentare i sussidi ai Sauditi (aumento dei salari dei funzionari, previdenza sociale, ecc...). Il piano Vision 2030 prevede inoltre di ridurre l’influenza statale sull’economia dal 60% al 40%, attraverso privatizzazioni e il sostegno alle PMI (dall’attuale 20% al 35% del PIL nel 2030).
Data la crescita della popolazione saudita e un tasso di disoccupazione piuttosto elevato, cresce la pressione per la “ saudizzazione” dei posti di lavoro. Il fatto che le donne possano guidare da giugno del 2018, e che possano trovare lavoro più facilmente dovrebbe aumentare il reddito delle famiglie. Inoltre, il governo ha ridotto il numero di cittadini stranieri nel paese. Si stima che tra il 2017 e il 2019, quasi 2 milioni di lavoratori stranieri abbiano lasciato il paese. Non è stato facile per le imprese ammortizzare il fenomeno, ma ad oggi questa fase si è sostanzialmente conclusa. Si stima che la popolazione attiva dovrebbe aumentare di circa il 70% nei prossimi dieci anni, raggiungendo circa i 40 milioni: + 100% per i Sauditi, +300% per le donne saudite, +15% per i lavoratori esteri. Questa evoluzione socio-demografica dovrebbe favorire ampiamente i consumi discrezionali e il comparto assicurativo. Va inoltre aggiunto che il commercio elettronico è ancora poco sviluppato nel Regno. Rappresenta solo dal 2% al 3% delle vendite al dettaglio. Considerata la giovane età della popolazione e il tasso molto elevato nella dotazione di smartphone, il commercio via internet dovrebbe svilupparsi in modo significativo nei prossimi anni.
FOCUS SUL TITOLO
Jarir Marketing (fatturato pari a 2,2 Mld di $, capitalizzazione di mercato pari a 5,3 Mld di $, quotata a Riad)
Jarir è stata costituita nel 1974 dalla famiglia Abdulrahman Al Gil, ancora oggi alla guida dell’azienda. Con 5.200 dipendenti e un’ottima immagine, Jarir è la catena di distribuzione per antonomasia in Arabia Saudita. Presente in tutto il territorio, così come in tutti i paesi del GCC (60 negozi in Arabia, 10 principalmente in Kuwait e in Qatar– 2,5 milioni di m2), questo brand vende libri, materiale informatico, smartphone (in particolare IPhone) e forniture per ufficio; insomma una specie di FNAC. Le vendite si attestano a 650.000 $ per punto vendita (rispetto a 572.000 $ per Best Buy e a 420.000 $ per Office Depot negli Stati Uniti). Nel 2019, il paniere medio è stato pari a 140$, +8% rispetto al 2018. Jarir è leader del settore. La sua quota di mercato si attesta a circa il 21% per
gli smartphone e al 30% per i computer e i tablet. Il suo programma fedeltà conta 1,2 milioni di carte, i cui possessori contribuiscono per il 20% del fatturato retail. Dal 2011, le vendite sono cresciute del 12% all’anno, così come i profitti e i dividendi. Nel 2019, il fatturato è costituito per il 54% da materiale informatico, il 18% da computer e periferiche, e il 28% da altri prodotti tra cui libri. La redditività del patrimonio netto del gruppo si attesta al 58%, e il Consiglio di Amministrazione distribuisce il 100% dei profitti. Nei prossimi tre anni, Jarir prevede di aprire cinque negozi all’anno (+25% di superficie commerciale) e di incrementare in modo significativo le vendite online (attualmente il 5% del totale rispetto al 3,2% nel 2018). Inoltre secondo l’agenzia Alexa, il suo sito internet si classifica al secondo posto dopo Souq.com, e la presenza fisica facilita consegne più rapide al cliente rispetto ai concorrenti (Souq.com e Noon.com). Date queste opportunità di crescita, si stima che gli utili potrebbero crescere di circa il 10% annuo nei prossimi tre anni. In termini di investimenti, la società ne ha già realizzati una buona parte (immobili, polo di distribuzione, commercio elettronico), e anche la crescita dei free cash-flow dovrebbe essere superiore a quella dei profitti. In termini di governance, la società gode di ottima reputazione e sta dimostrando grandissima trasparenza. Il titolo è valutato con un PER per il 2020 pari a 18x, e offre un rendimento da dividendo del 5%.
FOCUS SUL TITOLO
Arabian Centres (fatturato pari a 600 Mld di $, capitalizzazione di mercato pari a 4 Mld di $, quotata a Riad)
Con 21 centri commerciali (1,2 milioni di m2), Arabian Centres Company (ACC) è il principale fondatore e proprietario di centri commerciali (circa il 15% di quote di mercato). Posseduta per l’80% dalla famiglia Fawaz Alhokair (proprietaria della catena di distribuzione Alhokair), la società è stata quotata in Borsa a maggio del 2019 con una capitalizzazione di 3,3 miliardi di dollari. I centri commerciali di ACC si trovano principalmente a Riad, Gedda e Dammam. Ospitano 4.100 negozi, 1.100 brand (marchi di lusso esteri, come ad esempio il gruppo Inditex). La parte dedicata ai divertimenti (in particolare sale cinematografiche) e alla ristorazione è ancora ridotta (15% dell’area commerciale rispetto al 25% a Dubai). Inoltre, ACC ha ottenuto la licenza per l’attività di distribuzione cinematografica soltanto nel 2018. Riteniamo che l’azienda sia destinata a trarre vantaggi significativi dai mutamenti socio-economici in atto. Attualmente l’Arabia Saudita rappresenta circa i due terzi delle vendite al dettaglio dei paesi appartenenti al GCC (ovvero il doppio del volume degli Emirati), mentre in termini di area commerciale il paese si attesta a 0,4 m2 pro capite, ovvero tre volte meno che a Dubai o ad Abu Dhabi. A livello operativo, ACC ha recentemente pubblicato i risultati del terzo trimestre (esercizio fiscale a marzo). Il tasso di occupazione è pari al 93,7%. La crescita delle vendite a parità di superficie si attesta al 2,3% su nove mesi. Questo dato, leggermente deludente, è parzialmente dovuto alla chiusura di due ipermercati (Nakheel Plaza e Ahsa Mall), e alla loro futura sostituzione con sale cinematografiche. Inoltre, la società aprirà 19 cinema nel corso dei prossimi 24 mesi. A livello di sviluppo in prospettiva futura, il gruppo ha in previsione l’apertura di sei centri commerciali e due ampliamenti entro la fine del 2023. L’attuale indebitamento è ragionevole (3,5x D/EBITDA). Tuttavia, un aumento di capitale resta una possibilità prevedibile. In termini di governance, ACC ha dimostrato trasparenza, in particolare nelle relazioni con Alhokair Fashion, società appartenente all’azionista di maggioranza e allo stesso tempo il principale inquilino. Pubblica una politica sulle operazioni infragruppo (Related Party Transaction Policy), che necessita di revisione trimestrale delle stesse presso il comitato di auditing. Al momento la quotazione azionaria presenta uno sconto di circa il 32% sul NAV e un rendimento da dividendo del 5%. La società pare un buon canale per trarre vantaggio dalla crescita dei consumi sauditi.